:: Recensione di I fuochi del nord di Derek Nikitas a cura di Giulietta Iannone

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Luc tolse il coperchio all’urna, rivelando la grigia cenere screziata all’interno. Il peso dei suoi errori le rovinò addosso con una forza che avrebbe potuto affondare la barca con tutti loro dentro. “C’era una volta” non era abbastanza. Voleva disperatamente rivivere il giorno in cui suo padre era stato ucciso, ancora una volta, per impedirne la morte. Voleva ritrovarselo su quella barca, vivo, che l’aiutasse a rimettere a posto i cocci del terribile disastro che aveva combinato. Ma quelle erano fantasie, realistiche quanto quei tomten (ndr gnomo barbuto in svedese) che le scorrazzavano nel seminterrato rubacchiandole briciole di patatine.

Periferia di Rochester, stato di New York. Tralicci ferroviari, enormi parcheggi, centri commerciali, insegne luminose, villette con giardino. La livida e desolata provincia americana al suo meglio, o al suo peggio a secondo dei punti di vista. Dicembre, Natale nell’aria, la gente si riversa nei centri commerciali, per fare spese, combattere la noia o rubare CD come fa Luc, una quindicenne magrolina, un metro e mezzo d’altezza, Dr Martens viola ai piedi. La testa rotonda, grandi occhi umidi che la facevano sembrare sempre sorpresa. Neri i capelli tinti, nera la gonna sgualcita, nero lo smalto alle unghie. Occhiali da miope, giacca di pelle nera con spille da balia. Magliette sbiadite di complessi rock, un po’ dark un po’ punk, una ragazzina come tante innamorata di suo padre Oscar Moberg, professore universitario di letteratura, nato in Svezia, appassionato di mitologia norrena, e di Quinn Cutler, qualche anno più grande, neri e lucidi capelli da cherokee, appassionato di moto, conosciuto nel quartiere per i suoi atti vandalici da piccolo teppista. Luc non sa che quello è l’ultimo giorno della sua vita normale, dopo tutto cambierà, l’inferno verrà a farle visita giocando con lei fino alla fine, fino alla sua rinascita, fino alla nuova Luc adulta capace di curare le sue ferite, di risorgere come un dio vichingo. Ma andiamo con ordine. Cosa succede in quel piovoso giorno di dicembre? Luc è spaventata, ha paura che la sicurezza interna del centro commerciale la blocchi per il suo piccolo furto, ma suo padre l’ha accompagnata, suo padre la toglierà dai guai. Insieme raggiungono il parcheggio e si apprestano a tornare a casa, quando qualcuno bussa al finestrino: Come va doc? E’ una rapina, una pistola spianata si materializza all’altezza della testa di Oscar Moberg, uno sparo, due spari, sangue dappertutto, frammenti di vetro, materia celebrale. La fine. Il mondo di Lucia “Sankta Lucia” con le candele accese e l’abito bianco nella più pura tradizione svedese si dissolve per sempre. Ora c’è il detective Greta Hurd del Dipartimento di Polizia di Rochester e il suo collega Moe che vogliono aiutarla e non credono all’aggressione a scopo di rapina. Ora c’è Tanya Yasbeck ex tossica, ora incinta al nono mese, una vita di violenza e disperazione, compagna di Mason, un violento, un teppista malato che fa di tutto per far parte di una gang sanguinaria e spietata che ha come simbolo un teschio umano. Ora c’è Blair sua madre che dopo un tentato suicidio, vive una vita devastata. Ora Luc dovrà capire, difendersi, sopravvivere, perdonare. I fuochi del nord titolo originale Pyres stupendamente tradotto da Carlo Crudele è un noir bellissimo, acido e tagliente, scritto senza sbavature, che leggendolo dici: “cazzo come scrive bene questo”, aldilà della trama, della struttura, dell’ansia che ti assale già dalle prime pagine di voler capire, volere dare un senso, una definizione alle cose che accadono, è la scrittura che ti seduce e ti fa provare pure un po’ di invidia. C’è talento vero e non fatevi incantare dalla faccia da bravo ragazzo di Derek Nikitas, è uno scrittore tosto, duro, fulminante, poco adatto ai lettori troppo sensibili e impressionabili. Hanno azzardato paragoni con Cormac McCarthy e Daniel Woodrell di Un gelido inverno io ho pensato ad alcuni poeti su tutti a And Death Shall Have No Dominion  di Dylan Thomas, e a molta letteratura nordica antica alla quale l’autore occhieggia quando fa scorrazzare per la lavanderia uno gnomo barbuto: allucinazione, sogno, premonizione? Non mi aspettavo un libro così potente, dove Matteo Strukul sia andato a scovarlo non riesco a immaginarlo, forse ha seguito le tracce di Joyce Carol Oates, e non si è sbagliato.

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