:: Intervista a Lorenza Ghinelli

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Grazie Lorenza per aver accettato la mia intervista e benvenuta su Liberidiscrivere. Raccontaci qualcosa di te. Sei nata a Cesena nel 1981, vivi a Roma, lavori come editor e sceneggiatrice. Punti di forza e di debolezza come scrittrice e non solo.

Tanto per cominciare vivo a Santarcangelo di Romagna, ho vissuto per due anni a Roma ma la grande città non fa decisamente per me. Preferisco una vita bucolica, appartata, in cui riesco a fermarmi, pensare, e quindi scrivere. Continuo a collaborare con la Taodue, stiamo scrivendo la seconda stagione del Tredicesimo Apostolo, praticamente ho sempre la valigia in mano. Un mio punto di forza è certamente quello di sapere cosa mi ferisce, e qundi, spesso, riesco a proteggermi. L’ho imparato col tempo e anche sul lavoro è utilissimo, mi aiuta a capire quali compromessi sono accettabili e quali evitare categoricamente. La mia vena, la mia creatività, il mio essere, vengono prima di qualsiasi logica di mercato. Questo può portarmi a volte a essere troppo rigida sulle mie posizioni. Quando sento addosso troppe pressioni rischio di diventare aggressiva.

Raccontaci qualcosa del tuo background , dei tuoi studi, della tua infanzia.

Con la scuola ho avuto rapporti che dire conflittuali è poco. Mi sono ritirata dal liceo classico dopo i primi tre mesi, perdendo l’anno. Ho fatto gavetta da un grafico pubblicitario e a settembre iniziai a frequentare l’istituto statale d’arte, pensai di lasciarlo al terzo anno, poi un mio insegnante illuminato trovò le parole giuste per farmi continuare. Frequentavo pochissimo, ero quasi sempre a fare laboratori teatrali, andavo ovunque sentissi profumo, tranne che a scuola. La realtà è che mi annoiavo, la vita vera, quella che volevo conoscere, vivere, sperimentare, era fuori dalle pareti scolastiche, non dentro i libri di testo. A diciannove anni me ne andai a Torino, frequentai la Holden, ma continuai a sentirmi slegata dalla scuola, poi studiai montaggio e web design. Lavoravo come grafica. Ma la voglia di studiare davvero mi è venuta dopo, quando a ventitré anni decisi di iniziare l’università. Ho studiato con passione e con risultati splendidi solo perché fu una mia scelta, non un’imposizione. Non sono mai stata affascinata dal concetto di coerenza, cerco di vivere, e questo è tutto.

Come è nato il tuo amore per i libri e per la scrittura?

E’ l’unica passione a cui sono sempre stata fedele. È un porto sicuro a cui tornare. Leggo fin da bambina in modo vorace. Ho sempre trovato nei libri le parole che mi mancavano, e a forza di leggere ho educato il mio linguaggio e il mio pensiero, fino a che ho scoperto di possedere una mia voce. Da quel momento ho iniziato a scrivere.

Gordiano Lupi ti ha in un certo senso scoperta e permesso di iniziare una carriera molto difficile anche se affascinante. Come è andata?

Gordiano è stato il primo editore a credere nel mio primo romanzo e a pubblicarlo, e di questo gliene sono sinceramente grata. Ho capito però che se volevo portare le mie storie in un circuito più grande era necessario cambiare. È stata una scelta mia trovare quindi degli agenti e continuare a cercare. E così sono approdata alla Newton Compton.

Parlando di esordienti quali consigli daresti e quali sono gli errori da non commettere mai?

Mai pubblicare con editori a pagamento. Se credete in quello che avete scritto non abbiate fretta, guardatevi intorno, informatevi e scegliete con coraggio.

Con Simone Sarasso e Daniele Rudoni hai pubblicato nel 2010 per Marsilio JUST Vuoi spiegare in cosa consiste quel progetto innovativo? Pensi di ripetere un’ esperienza del genere?

La ripeterei con piacere, Simone e Daniele sono persone splendide. L’idea partì da Simone, voleva scrivere una fiction, ma in forma di romanzo. Volevamo scrivere una spy story che avesse al centro un argomento davvero scomodo. In quegli anni stavo studiando le teorie non ortodosse sull’AIDS, ne rimasi affascinata. Il fatto che mancasse un nesso causale tra HIV e AIDS mi sconvolse, decidemmo di indagare a fondo questo argomento creandovi attorno una storia di spionaggio internazionale. Così, e con lo sforzo creativo di tutti e tre, nacque J.A.S.T (acronimo di Just Another Spy Tale).

Hai esordito con Il Divoratore un romanzo thriller con venature horror molto particolare. Ce ne vuoi parlare? Come è stato accolto? Facendo un bilancio sei soddisfatta?

E come potrei non esserlo? Scrissi Il Divoratore tra il 2006 e il 2007, l’unica cosa che mi importava era mettere su carta la storia che mi abitava, volevo liberarmene. Non pensavo al mercato, non pensavo a niente che non fosse scrivere. Non avrei mai pensato che Il Divoratore avrebbe conquistato le classifiche e avrebbe venduto persino all’estero.
Quest’anno è tornato in classifica come tascabile.
È anche vero però che io sono perennemente inquieta, ora è tempo di mettere tutto da parte e riprendere a scrivere, ho altre storie da raccontare.

Quali scrittori hanno maggiormente influenzato il tuo stile narrativo, il tuo modo di costruire una storia?

Troppi. Come dicevo, leggo fin da bambina. Elencarli sarebbe riduttivo. Certamente Cesare Pavese e Pasolini mi hanno trasmesso, molto presto, un amore bruciante per la poesia, una poesia carnale la loro, terrestre, irrinunciabile.

Quest’anno è uscito La colpa sempre per Newton Compton un romanzo più introspettivo se vogliamo che sonda gli abissi, molte volte inesplorati e oscuri, della psiche di una vittima. I colpevoli sono davvero più forti delle vittime, o è vero il contrario?

Io credo che spetti a ognuno di noi decidere se restare vittime o se liberarci anche di questo peso. I traumi accadono, e spesso settano la differenza tra vittima e carnefice. Ma poi bisogna decidere come si vuole vivere, io credo che possiamo reinventare il nostro destino. A volte la vita ci devia, ma ritrovare la strada, o esplorarne una nuova, resta una scelta. Se non credessi in questo non troverei nessun senso nello svegliarmi la mattina.

Sei tra i dodici finalisti del premio Strega con “La colpa” (Newton Compton). Due sole donne te e Gaia Manzini. Una considerazione: quante donne hanno vinto lo Strega? Credi che il sesso di uno scrittore sia un fattore di valutazione?

Io credo che un’opera per rendersi universale debba trascendere il genere e parlare alla gente, a tutta la gente, senza distinzioni. Non penso che l’essere donna mi avantaggi, come non penso che mi svantaggi. Credo nel romanzo che ho scritto, questo mi basta.

L’anoressia, la violenza sulle donne, la disoccupazione, la crisi economica che viviamo, sono temi che hai preso in considerazione per i tuoi libri?

Prendo tutto in considerazione, ma non tutto prende me in considerazione per essere raccontato. Gli argomenti che tratto scrivendo non sono frutto di una scelta razionale e calcolata.

Citami i versi della tua poesia preferita.

Questa è decisamente la domanda più privata che mi sia stata fatta, taccio per pudore ☺

L’intervista è finita, nel ringraziarti per la tua disponibilità mi piacerebbe sapere se attualmente stai scrivendo un nuovo romanzo se puoi anticiparci qualcosa?

Sto scrivendo un nuovo romanzo, ancora più intimista della Colpa, credo. Ma è ancora presto per parlarne, ora è tempo di scrivere.

Una Risposta to “:: Intervista a Lorenza Ghinelli”

  1. Fabio Lotti Says:

    Ho letto i due libri della Ghinellina e mi sono piaciuti. Mi piacerebbe postare anche in questo bel blog la mia rece su “La colpa”, se si può, naturalmente.

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