:: Recensione di La puntualità del destino di Patrick Fogli (Piemme, 2012)

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San Sebastiano degli Appennini, un piccolo borgo ai piedi delle montagne non lontano da Bologna. Una piazza, attorno a cui ruota la vita del piccolo paese, la chiesa, la banca, il Municipio, la caserma dei Carabinieri. Un microcosmo come ce ne sono ancora tanti in Italia, un agglomerato di case e persone che sfuggono alle regole della grande città: tutti si conoscono, almeno per nome, le voci circolano, i segreti non possono restare tali, neppure i più nascosti.
A San Sebastiano vivono gli Scaroni, una famiglia per bene, una famiglia rispettabile e rispettata. Pietro, proprietario ormai in minoranza di una finanziaria, il marito. Irene, ottimo chirurgo, che per il lavoro si è persa molto della vita della figlia, la madre. Poi Alessia, la figlia, una ragazzina di 14 anni con tutte le caratteristiche di una preadolescente della sua età: il profilo su Facebook, le amiche più fidate, la squadra di pallavolo, la scuola, i primi amori.
Casa propria, i soldi non mancano, qualche crepa a ridimensionare l’apparente perfezione. Ma le crepe da lontano non si vedono, da lontano sono più che altro fili di ragnatela e senza un avvenimento che faccia precipitare le cose, tutto resterebbe nascosto, invisibile.
Ma quel qualcosa accade.
Prima qualche scossa di terremoto, quasi un segno del destino, poi Alessia scompare. Una sera esce con gli amici poi passa a casa di Giovanna. L’amica quasi vorrebbe che Alessia aspettasse la madre, che dovrebbe venire a prenderla, in casa. Ma lei vuole scendere in strada. Che pericolo c’è? Sono a San Sebastiano non a Bologna. Esce, saluta e da quale momento nessuno la vede più. Restano solo alcuni fotogrammi su un video di sorveglianza mentre quasi si incrocia con Claudio Zanetti, il figlio di una marocchina, uno straniero, l’ultimo ad averla vista. Il capro espiatorio ideale, il colpevole ideale. Subito parte la denuncia dei genitori, la ricerca di Alessia, la caccia a Claudio, l’assalto dei giornalisti, un certo tipo di giornalisti, affamati di morbose rivelazioni da spacciare come droga al loro pubblico.
Pietro e Irene non se ne stanno tranquilli, non si fidano solo dell’operato delle forze dell’ordine, così assumono Gabriele Riccardi, ex poliziotto, determinato, allenato a riconoscere bugie e menzogne, pronto a fare domande scomode, pronto a buttare a soqquadro le ordinate vite di tutti pur di trovare Alessia.
Inizia così un’ indagine sporca, cattiva. Tutti sembrano decisi a dare il peggio di sé. Dai cittadini irreprensibili che si uniscono in ronda per dare la caccia e magari linciare Claudio Zanetti. Dai genitori di Alessia, lei infedele e pronta a trascurare la figlia per poi pentirsene assalita dai sensi di colpa, lui che si è arreso e ha dato la sua azienda in mano a gente senza scrupoli, pur di mantenere immutato il tenore di vita della famiglia. La moglie del sindaco, la figlia del Maresciallo dei Carabinieri, Claudio Zanetti stesso, lo zio di Alessia, tutti i personaggi che si susseguono nascondono qualcosa, nascondono una cattiva coscienza pronta ad avere conseguenze che sfociano anche nel dramma in un crescendo di ricatti, cinismo, egoistici rituali di sopravvivenza.
Fino al finale, quasi una beffa, la soluzione più semplice, la soluzione a cui il lettore non pensa, ma che è perfetta per questo romanzo in cui il destino tesse le sue fila, e gioca con la vita e la morte dei personaggi. Tutto si spiega, tutto ritorna immobile come uno stagno in cui l’opacità della superficie non permette di guardare nel fondo. Acqua stagnante, putrida, infetta. Acqua che ricopre le vite di tutti. La giornalista con le scarpe troppo belle, chiude la diretta quasi delusa. I pupazzetti, le foto, le candele spariscono dallo spiazzo davanti alla casa di Alessia prima di marcire. I genitori fanno i conti con i propri demoni. Gabriele Riccardi osserva dolente la vita che riprende il suo corso, inevitabile.
La puntualità del destino di Patrick Fogli, edito da Piemme Linea rossa, è un romanzo che scava negli abissi di una realtà piuttosto diffusa in Italia. La sparizione di una ragazza e il conseguente, inevitabile baraccone mediatico che di colpo viene messo in piedi a beneficio di un pubblico che vede nelle tragedie che capitano agli altri una salvezza per sé.
La riflessione di Fogli è più profonda, non si limita a puntare il dito contro il giornalismo più deteriore, quello dei talk show, in cui tutti parlano di nulla ostentando comprensione ma manifestando unicamente cinismo e ipocrisia,  delle dirette sotto la pioggia dalla casa della ragazza scomparsa, delle cronache che deviano dal diritto di informazione per farsi spettacolo, spettacolo dell’orrore.
Fogli sotto le mentite spoglie di un thriller, fa uno spaccato della nostra realtà e, seppure con connotazioni tipicamente italiane, sonda l’animo umano, simile in ogni parte del mondo. La paura del diverso, in cui razzismo e vigliaccheria viaggiano a braccetto e quasi si confondono, il rischio e la facilità con cui si può scendere a compromessi con realtà criminali sempre più subdole, sempre più strettamente connesse con il tessuto sociale, l’avidità, la lussuria, l’ipocrisia, l’indifferenza. Su questo Fogli riflette, con la pazienza di un entomologo, con l’accuratezza di un filosofo, con gli strumenti tecnici di uno scrittore competente e maturo. E’ piacevole leggere i libri di Fogli, ogni frase sprizza intelligenza, rimandi, riflessioni che esulano dalla banalità e dalla superficialità.
E’ una scrittura ricca, in cui non ci sono parole a caso, fuori posto. Tutto è millimetricamente calcolato, dosato per suscitare nel lettore una reazione, una partecipazione, un’empatia. Dopo aver letto questo libro, non si potrà più guardare i telegiornali con gli stessi occhi, vedere scorrere le immagini delle varie Sarah Scazzi, Yara Gambirasio, senza chiederci cosa resta di umano in noi se siamo complice di chi trasforma le loro tragedie in un circo dove la donna barbuta è stata sostituita da una ragazzina sorridente.

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